I ZORZI E I GAIO | RICORDI DI STORIA LOCALE | IO RESTO A CASA
- Associazione Feudo
- 26 mar 2020
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«Mel, piccola villa e gran bordel» era l’arguto detto che nei primi anni del 1600 si ripeteva frequentemente nei paesi della Val Belluna.
In quel tempo vivevano a Mel diverse famiglie dell’aristocrazia veneziana, proprietarie di terre e di case. Le relazioni tra queste facoltose famiglie inizialmente erano cordiali, ma col passar del tempo divennero sempre più fredde e difficili, tanto da essere causa di disordini.
I litigi ad un certo punto si acutizzarono e si polarizzarono specialmente fra i due casati più influenti: i Gaio, che abitavano in piazza, ed i Zorzi, che risiedevano in fondo alla via Paradiso.
La famiglia Gaio, approfittando della protezione del feudatario, provocava e tiranneggiava un po’ tutti, ma particolarmente i signori Zorzi. I dispetti e gli alterchi fra le due famiglie erano diventati così frequenti e così pericolosi che il Vicario veneziano dovette intervenire, emettendo un’ordinanza che proibiva ai Gaio di oltrepassare la contrada per andare in fondo al paese ed agli Zorzi di recarsi in piazza, temendo che il solo incontro potesse dar occasione a mischie furibonde e fatti di sangue. La popolazione ormai era divisa in partiti, che spesso venivano alle mani per le vie e sulla piazza maggiore del paese.
Una sera infatti in uno di questi tafferugli, sotto i portici dell’attuale palazzo comunale, venne assassinato con un colpo di archibugio il chirurgo Zorzi.
Un religioso appartenente alla nobile famiglia Conti, padre Egidio da Mello, dei Minori Osservanti, trovandosi nel 1664 per il suo ministero a Roma e venuto a conoscenza di tali sanguinose discordie che funestavano la sua piccola patria, scrisse più volte ai suoi concittadini per raccomandare di desistere dalle inimicizie, promettendo in premio un santo e preziosissimo dono.
Ottenuta assicurazione dalle due fazioni in lotta che finalmente, sul sangue della vittima, avrebbero composto ogni dissidio, domandò ed ottenne dal Pontefice Alessandro VII le ossa appartenute al corpo del santo martire Fausto, trovato in quei giorni negli scavi fatti nelle catacombe di S. Priscilla, per portarle a Mel, quale ramoscello d’ulivo fra le parti in lotta. Le ossa del Santo arrivarono a Mel il 12 ottobre 1664 e furono ricevute dai rappresentanti della Magnifica Comunità Zumellese, dai Procuratori della chiesa di Mel e da tutto il popolo osannante.
Le nobili famiglie in lotta, sulle ossa del martire, giurarono di deporre ogni odio e vendetta e di vivere finalmente in pace.
Dicono le cronache che grande fu l’esultanza del popolo e che le grandi solennità durarono tre giorni. Da quel 12 ottobre 1664 questa ricorrenza fu sempre festeggiata, tutt’ora si ripete e credo continuerà anche in avvenire, in buona e soddisfacente tranquillità ed armonia.
Testo di Giovanni “Nino” Sartori ed accompagnato da una incisione di Vico Calabrò del 1981, in occasione del decimo anno di attività della Corale Zumellese.